E’ quando decidi di far pulizia che t’accorgi della fatica che dovrai sprecare. Perché, se c’e’ tanto sporco, e’ solo merito tuo: lo devi a te e alla tua trasandatezza. Non importa quanta gente avrai ospitato, piuttosto devi preoccuparti del prossimo che giungerà: una casa sudicia e in disordine, non sarà che il più bel biglietto da visita che la tua incuria potrà esibire.
Quando decidi che è l’ora, accarezza la volontà, coccolala per il tempo necessario affinché si inchini al dovere e sottomettila; prendi il tuo secchio e il panno nuovo. Infine, metti da parte una spugna. Striglia il pavimento con quanta forza potrai disporre, ché tanto non servirà.
E poi, chinati. Inclina lo sguardo di traverso e leggi contro luce il pavimento. Ci sono macchie ben visibili e pregne di fastidio, quello stesso che provi ora che riesci a vederle con chiarezza.
E’ l’ora della tua spugna: in ginocchio, accanto al tuo secchio, immergi la gommapiuma: ubriacala di purificazione e strofina. Suda, impreca, maledici chi ha calpestato così tanto il tuo pavimento e l’ha reso un pattume.
La fronte versa sulla spugna il sapore di sudore. Quanto costa riportare tutto all’ordine, far finta che nulla sia successo, dimenticare gli ospiti della vita che hanno attraversato casa tua, calpestato ogni mattonella dei tuoi cari metri quadrati. Sputa acqua nera, la spugna bistrattata ed essa, tuttavia, quasi respira.
Il dolore di spugna è ciò che la tua mano, il tuo gomito, la tua volontà, riusciranno a tirar via, perché il luogo che t’appartiene torni ad essere quello nel quale vivi davvero.
Pulire il dolore, ci spetta.
Nessuno vuol vivere in una casa sporca.