Quando galleggio in una bolla si sapone, spesso ho l’impressione che prima o poi possa affondare. Mi muovo con lentezza e senza far rumore per timore che l’equilibrio delle particelle intorno a me diventi aria insaponata. Ed è il peggior panorama che possa permettermi.
E poi annaspo e questa è molto più di una fottuta impressione. D’un tratto si posano addosso, residui di materia protettiva, scoppiata a mia insaputa. Mi ritrovo sperduto in un pezzo di mare che ho solo visto attraverso il fluido delle paure, una barriere sottile che mi separa dalle schiume ondose e mi sostiene per tutta la durata del viaggio. Il vigore ingabbiato nella palla di sapone, diviene terrore. C’è schiuma e schiuma.
Quando imparerò a nuotare per bene, saprò che c’è il vento di maestrale e quello di scirocco. Per esempio. Magari potrei imparare a reggermi a galla, senza aspettare che il tempo si rassereni. Magari potrei sentire che rumore fa il mare e quanti segreti nasconde nel profondo.