Ah, Paura! Sei come l’interruttore della mia toilette: essenziale. Lo dico di poche realtà, credimi. Vuoi mettere: una sera rientro di corsa per un via di messicano turbolento, abbandono strada facendo accessori inutili del mio vestiario, un po’ dove capita; attraverso la casa come una saetta e piombo in bagno … tac! L’interruttore fa cilecca. Vuoi mettere il panico che mi invade, mentre sudando freddo, faccio i pugni contro il muro e mi contraggo per non mollarla davanti alla porta?! Sei mica matta a non accenderti! Ed ora come faccio?! Magari, in preda all’isteria, riprovo: tac-tac, tac-tac, tac-tac. Dovrei proprio esser stupido per continuare a illudermi. A insistere.
Eppure, anche per uno stronzo, ci vuol luce. Certo al buio, si fa lo stesso. Ma non venirmi a raccontare che non ti è capitato mai di vedere in faccia il tuo stronzo quotidiano!
Ecco, per l’interruttore che sei, non riuscirei a fare a meno di te: la tua luce scioglie i dubbi della toilette, ne mostra ogni angolo, così che potrò conoscere ogni tipo di stronzo che ho digerito a furia di ingozzarmi di futili, stupide, inopportune masticazioni di assaggi. E passaggi. Perché, che ci piaccia o no, tutto passa per lo stomaco. E tu, sei il faro dei miei sforzi. Rigetti di crudeltà umana. Uno spettacolo impietoso, sul quale, tu Paura, sai far luce come nessun’altra.