Accese la radio, spense le luci. Illuminò gli occhi al fragore di un pensiero che scese. Si allontanò poco per volta sino a bagnarsi in quelle acque amare di lacrime. Il solito ricordo, il solito sapore di quel giorno maledetto: lo rivedeva come sempre ogni volta che per distrazione pensava di esser felice. Non ci badava, seguiva la corrente e si scopriva allegra.
“Lo vedi” disse “non posso esser felice nemmeno per due giorni di seguito!”.
“E lo dici a me che sono uno scarafaggio, brutta stupida!?”.
Disse così e la stupida s’offese.
“Finché sei triste, riuscirai a non farmi morire. Continua così, perché all’umido io ci vivo. Tu piuttosto, con le lacrime quanto ci puoi campare?!”.
Disse e la stupida stette in silenzio.
“Ma continua pure distrattamente a esser felice, per errore.”
“Ma cosa devo fare?!”.
“Spegni la radio, accendi le luci e guarda dove vuoi andare. Non vedi che sei ancora qui a parlare con uno stupido scarafaggio, stupida che non sei altra!”.