Poche luci stasera, solo una tenera alienazione che chiude su insopportabili voci. Avrei voglia di urlare e sputare serie maledizioni anch’io, ma taccio perché andrebbero ad infastidire solo padiglioni auricolari. Il lamento rende, il pianto incassa pacche e chi ha la forza di ingoiare e proseguire, eredita un gozzo che pare una borsa. Questo è il mio destino e a furia di ingoiare sono sazio di vita a volte, perché il piatto che ti apparecchiano non è altro che condimento di avanzi: tempo che resta, sorrisi forzati, promesse lanciate e schiantatesi al suolo, sorprese invecchiate, complimenti pescati dal cassetto dei ‘luoghi comune’. Il meglio è quella fetta che resta in sospeso, per le occasioni speciali, quelle nelle quali non sei mai invitato ma un’adorabile scusa a loro favore. Alla tua tavola però, siedono con prepotenza e battono i pugni con le posate puntate.
Voci, nient’altro che questo siamo quando, invasi dal puro egoismo, osanniamo diritti e doveri. E la carne, il cuore, l’anima restano nel pozzo dei desideri. Quasi meglio di una carta d’identità: respiriamo solo grazie all’idea di essere e non di esistere. Una voce strozzata, spesso, non la ode nessuno, ma s’inerpica con vene grosse e occhi sbarrati sulla memoria di chi sordo non vuole capire.
Luci soffuse e ombre di voci: sorseggio un po’ di vino che scalda il cuore. Questi stupidi non capiranno mai l’importanza di farsi compagnia e coccole, al sapore di nettare.
prende corpo e s’inquieta l’anima sensibile.
"Mi piace""Mi piace"