Il luogo migliore per esser se stessi è sempre lontano da quello in cui ti piazzano gli altri, (o al limite in cui vorrebbero che tu fossi): non c’è corrispondenza, mai la stessa direzione.. E se per caso sarete d’accordo, finirete per litigare sul chi sia il vero pazzo, folle e fuori di senno.
In sostanza, la verità è una: siamo tutti folli, ma spesso ce ne vergogniamo perché bazzichiamo i “luoghi” di altri per sembrare perfetti, distanti dalle nostre “pazzie”, sempre più simili a quelle dei nostri vicini. Sostiamo a lungo sui marciapiedi accanto, come meretrici di simpatie, affetti, pacche e inviti cortesi. Tornare a casa diventa allora un affare brutto, perché abbandonato in malo modo, si è costretti a starsene per fatti propri in quelle stanze che seppur ci appartengono, forse non sembrano familiari.
L’affare nostro, il nostro essere, diviene merce di scambio: collezionare consensi per riscuotere successi. Come figurine. Avremo così nuovi volti da appiccicare sull’album della vita, come medaglie guadagnate e vinte, come un gioco in cui, a suon di carte e schiaffi, avremo tanti amici e tanti applausi.
Chissà se resterà una piccola icona, un breve termine in cui saper dove infilarci, ritagliare la sagoma del nostro volto e sapere che è la zona che ci spetta. Il luogo migliore per esser se stessi è sempre lontano da quello in cui ti piazzano gli altri. E così allora, io non mi schiodo.