Blobby stagnava senza malizia: aspettava dei venti buoni e assaggiava quel che capitava. Ad un tratto gli passò dinanzi un cavalluccio smarrito. “Ma dove sono finito? Pare l’inferno!” – disse il cavalluccio. Blobby non provò nemmeno ad annusarlo, tuttavia gli puntò addosso quei suoi due grandi occhi. Il cavalluccio perlustrò il fondale con devozione sebbene intimorito, dimenando la curiosità in ogni anfratto. Poi urtò contro Blobby. “Miseriaccia, quanto sei brutto!”. Blobby sorrise e distolse lo sguardo altrove. “Non avevo mai visto una creatura orrenda come te!”. Il cavalluccio persisteva, facendo piroette attorno a Blobby e sfiorando quella sua flaccida e untuosa pelle. “Mi ascolti, mostro? Sto parlando con te!”.
Blobby scosse la corrente con un semplice respiro.
“Ti hanno mai raccontato fiabe, cavalluccio?”.
“Certo” – rispose l’impertinente.
“Quindi se ora ti mangiassi, sapresti che le fiabe non sono poi così fantasiose, giusto?!”.
“ … immagino di sì …” – tentennò il cavalluccio, stavolta intimorito.
“Ebbene, ti lascerò in vita per il semplice fatto che non ne ho voglia”.
“Non hai voglia di mangiarmi?” – continuò il cavalluccio.
“Non ho voglia di dar ragione alle favole. Quel che si crede, lo si accetta per immaginare qualcosa di bello. Il meglio, tuttavia, lo possiamo solo realizzare”.
Il cavalluccio smise di importunare Blobby: comprese che quel luogo di inferno era una gabbia per il povero e triste Blobby, che di cattivo aveva ben poco se non la colpa di essere un Blobfish.
Non tutti i brutti son cattivi, ce n’è di apparenza da ingannare. Allo stesso modo e di peggio, che si sappia, i belli non son tutti buoni. Il meglio è sempre nel mezzo.