Quante ne ho incontrate come te, signora di passaggio; quante simili e taciturne, hanno incrociato questi occhi dal vivo e sono andate oltre, quasi fuggendo, senza trattener più la pazienza e la compassione per uno che nel silenzio, cerca angoli di paradiso. Perché setaccio a volte, lontano dall’inferno di lingue lì fuori, solo il bene, di quello che riempie lo stomaco e non lascia spazi vuoti, digiuni di parole e fragole di abbracci, telefonate di svuotamento e bocconi di sorrisi strappati a morsi. Il rimpianto sostiene la paura ma da essa è ricacciata lontano, inseguendo tracce di speranza: impronte di nuove giorni entro i quali non ristagni più, signora di passaggio, come dopo i giorni di pioggia, il sole asciuga le pozze impiastrate.
Lacrima che scorri pesante e contagiosa: trattieni ancora un poco il respiro e gonfiati di un sorriso, perché tu riesca a scendere da sola, stavolta. Di passaggio, sia il momento; di una scia, resti l’impronta di gioia bagnata dal sole