Resti quel che sei finché non decidi di scavare. In superficie le falle fanno solo capolino con una lacrima, ma dietro gli occhi, un uragano sabota la pace. Dietro gli occhi vi è del tenero, e anche il vulnerabile senso di essere altro: migliori, per così dire. La pelle assorbe l’esterno, propone difese e anche offese, ma gli occhi son finestre da proteggere, come l’incontro col vicinato, dal quale ti senti sempre troppo distante.
Chi possiede unghie smaltate di terra, sa come far nascere un fiore; chi si cura di pittare unghie, saprà solo contare petali col m’ama, non m’ama.
Per questo non mi riesce di smettere: scavare per conoscere è la cura che placa i malanni, perché malati non lo si ammette mai di essere.
Chi si prenderà cura degli ultimi? Chi si preoccupa di riempire i vuoti di coloro che da soli, non ce la fanno?
La domanda non è triste, è semplicemente diversa.
E diversa, è questa storia che ho raccontato. Sporcati di paure e attraversa il tuo buio, rimpasta la carne e mescolala col ricordo. Prenditi in braccio e percorri una volta per tutte la strada dissestata che hai spesso tralasciato.
Curati, per non essere da meno di te stesso.