La sera in cui Hektor fece ritorno al casolare, uno stuolo di passeri, accolse il suo arrivo.
Nonno Franco si stupì, ma giusto il tempo di affinare l’ingegno: le “bestie” alate eran lì per l’incuria. Una terra non custodita era facile preda dei viandanti, e delle creature che popolavano miseri nidi.
Sciolse la lingua in improperi e dileguò, con una corsa affannata, le piume irriverenti.
Fu subito silenzio.
Tutt’intorno la terra s’inchinò all’arrivo del padrone, riassettando con un disegno di luce, i confini della cara proprietà. Il vecchio lanciò un’occhiata all’indirizzo del vicino, semmai brevi impronte di passi estranei, avessero violato i limiti e il rispetto.
I solchi dell’aratro erano ancora visibili ed intatti, e nel suo silenzio, il vecchio, ringraziò ‘mba Santino Lafranceschina. Un uomo d’onore e un vicino senza macchia. Un mulo di fatica. Proprio come lui.
Era tardo pomeriggio, l’ora in cui le anime si auspicano un dolce riposo. L’ora dei propositi.
Hektor svestì la nostalgia del viaggio e si abbandonò in un sonno profondo…
(tratto da Metà carne, metà ricordo).