“A cosa pensi?”
Me lo chiese nell’istante in cui fantasticavo di essere con lei in camera da letto. A sfrenarci con la stessa insensatezza dei bambini.
“Mi vergogno. Lascia stare…” dissi.
Sorrise come a prendermi in giro.
“Dimmi a cosa stavi pensando. Ora!”
Modulò l’imperativo con una delle sue smorfie sincere e nude, di quelle che ci vedi i filamenti delle volontà, di una pulsazione e di un respiro profondo.
“Dici davvero? Vuoi ridere di me e svergognarmi giusto oggi?!”
“È inutile che temporeggi… Non te lo chiederò un’altra volta”
“Ok. Muoviti vieni con me!”
Con i pensieri morbidi di chi non teme spigoli, la trascinai in camera da letto e con sfacciata violenza le ordinai di spogliarsi. Sorrise e si voltò, adagiò uno dopo l’altro gli indumenti sul letto, infine si mostrò ai miei occhi. E al mio desiderio.
“Sei pronta?”
“Aspetto te…”
Svuotai l’anima e gli indumenti, li ammassai accanto ai suoi e la invitai a letto.
“Pensavi a questo?” chiese.
“No. Pensavo a vederci bambini, saltare sul letto nudi e far capriole come non sappiamo più fare. Pensavo a far la guerra coi cuscini, pensavo a farti crepare col solletico, pensavo a vederci diversi da come di solito siamo. Follie e morbidezze, senza paure, senza ansia da prestazione, senza il peso di giudizi, senza maschere del giorno e incubi della notte. Come bambini che non hanno date da rispettare o confini da temere. Liberi come bambini e schietti. Perché i compromessi degli adulti sono doveri, i capricci dei bambini sono bisogni. Ho bisogno di stupidi bisogni”
Saltammo su quel letto e facemmo capriole fino a diventar paonazzi. Senza fiato. Ci sedemmo e ci guardammo negli occhi.
“Adesso, sai cosa ci vorrebbe?” dissi.
“Non me lo dire…” quasi gli morì il sorriso.
Vidi l’espressione piegarsi e annegare nel mare della delusione: come se tutto a un tratto quel gioco si fosse spento e avesse mostrato il triste messaggio GAME OVER.
Le raccolsi le mani sudate e le baciai.
“Fila dritto sotto la doccia, sennò ti prendi un malanno, sudata come sei”.
Tra bolle di sapone, scoprimmo quanto eravamo adulti e quanto, in fin dei conti, ci fosse costato tornar bambini.
Solo saltelli tra morbidi pensieri.