Il faro dietro la finestra si burla del buio e delle onde, offre ai naviganti un pezzo di cielo in burrasca, tra schiuma e fasci di luna. A ritmo lento e gradevole, si gioca l’intera notte: il marinaio allinea lo sguardo, seguendo quella giostra in mezzo al mare, trattenendo la paura e attendendo uno squarcio di luce che calmerà il respiro.
Affronterà la tempesta quando verrà, poco per volta, a fasci di luce, spicchio dopo spicchio, perché tanto tutta insieme, non saprebbe governarla.
Così l’amore come il faro gioca, tra il grecale e il libeccio, non c’è stagione in cui si spenga. E poco per volta ci guida, mordendo a fette il mare, le onde, il turbine e la paura. Rendiamogli lo sguardo, perché ci spieghi come soffiare sulle onde, come allontanarle, come affondarle.
Non guardare il mare, navigante. Non le onde.
Fissa il faro tra le onde e come esse alla fine, si ritraggono sempre.