Ecco, ora per esempio…
C’è un grosso cane che continua a ringhiarmi in faccia, mentre provo ad afferrare il cellulare in fondo alla tasca. Dovrei rispondere e magari chiedere aiuto, dovrei invocare l’intervento di qualche anima buona che mi cacci via da questo pasticcio. Più il telefono squilla e più questa belva sbava, saltella, mi ficca nelle orecchie i suoi grugniti che sporcano di terrore e oppressione le pareti interne del cuore, e dirama su vene ingrossate il sangue sudato, quello stesso che sento ribollirmi in testa. Vorrei fuggire ma sono certo che le zampe e gli artigli di questa belva mi assalirebbero senza vergogna, senza pietà o commiserazione, senza udire il gemito che mi sale dal petto. Senza paura. Se fuggissi, sarebbe la fine; procedere farebbe meno male, forse. Allora respiro e decido di star fermo, mettere ordine in questa tasca e acchiappare senza indugi il trillo di un telefono sta iniziando a seccarmi. Clicco un tasto e zittisce. Si distendono anche i nervi. E la belva si acquieta.
Ecco, ora per esempio…
Passeggio col sole in faccia, portando a spasso la belva divenuta cane. Mi fermo e lui urina.
Per esempio, questo sarebbe il mio cane e non imparo mai a zittire un cellulare che lo manda in bestia.
Ecco, ora per esempio….
Prendi la paura. Ringhia solo quando è scossa da rumori, fastidi disordinati in fondo a una tasca, dalla voglia di fuggire. Ed è davvero poca cosa, perché non è mai un’estranea, ti appartiene. Come il padrone per il suo cane, ognuno sa come domarla.